Le eruzioni vulcaniche rappresentano le più potenti esplosioni sulla Terra e sono incredibilmente distruttive. Basti pensare che gli effetti di una piccola eruzione del Vesuvio potrebbero essere avvertiti nel nostro territorio di Capitanata, con oscuramento del cielo e ricaduta di cenere anche a centinaia di chilometri di distanza.

Penso che tutti ricordiate cosa avvenne in Islanda nell’aprile del 2010: il vulcano Eyjafjöll terminò il suo periodo di quiescenza ed eruttò violentemente. Nonostante la sua forza d’eruzione che risultò minima a confronto di altre potenti esplosioni, essa provocò una nube di polvere lavica e cenere che oscurò il cielo d’Europa per una decina di giorni e provocò notevoli disagi alla circolazione aerea (i voli per tutta Europa vennero cancellati in molte nazioni, principalmente nel Regno Unito). Se una piccola eruzione è riuscita a mettere in ginocchio l’Europa per dieci giorni, possiamo solo immaginare cosa provarono gli abitanti campani quando si trovarono nel 70 d.C. davanti alla più grande eruzione vesuviana, centinaia e centinaia di volte più potente del vulcano islandese.

Il Krakatoa in attività

Premettendo che il Vesuvio fu totalmente distruttivo, la sua forza non riuscì ad eguagliare quella delle due più potenti eruzioni, che si verificarono nel II millennio a.C. e nel 1883, rispettivamente per il vulcano sull’isola di Santorini, nell’arcipelago peloponnesiaco, e nell’isola indonesiana di Rakata a causa dell’esplosione del vulcano Krakatoa. Durante l’eruzione di fine ‘800 circa 20 chilometri cubi di roccia (quasi l’intera montagna) vennero lanciati violentemente in aria e ricaddero sotto forma di lapilli e cenere causando vari tsunami nel vicino oceano Pacifico, dove le onde raggiunsero un’altezza superiore ai 22 metri nello stretto della Sonda. Per comparare la potenza di tale vulcano, si potrebbe dire che l’esplosione sviluppò circa 200 megatoni di energia (sviluppata da 200 milioni di tonnellate di TNT) e negli anni successivi gli effetti delle particelle proiettate nell’atmosfera crearono spettacolari tramonti con dei riflessi di luce molto particolari che si registrarono in tutto il mondo. Un’altra gigantesca esplosione vulcanica fu quella avvenuta nel 1627 a.C. circa nell’antica isola di Santorini situata nell’arcipelago delle Cicladi. Al tempo l’isola era un grande territorio nel cui mezzo si trovava il vulcano chiamato appunto “Santorino”; l’isola venne colonizzata dapprima dalla civiltà fenicia e, in seguito, venne occupata dalla civiltà minoica che ci costruì una bellissima città portuale e ne fece la sua fortuna grazie alla vicinanza con l’isola di Creta, sede capitale del regno minoico.

L’isola di Santorini dopo l’esplosione

Con l’apocalittica eruzione del Santorino si potrebbe collocare l’inizio del declino della fiorente civiltà minoica, la quale venne colpita da frequenti terremoti e da tsunami che distrussero gran parte dei centri abitati e delle rotte commerciali da essi creati. L’eruzione avvenne violentemente e velocemente: essa proiettò in aria l’intero volume del camino vulcanico, per cui 60 km3 di roccia vulcanica furono polverizzati nell’atmosfera. La gigantesca depressione marittima creò una serie di tsunami con onde alte fino a 60 metri, molte delle quali raggiunsero la vicina isola di Creta spazzando via città e vegetazione. L’eruzione arrecò notevoli cambiamenti nel clima estivo, il quale risultò essere molto più freddo e oscurato e gli effetti vennero avvertiti certamente in tutta Europa e Asia; addirittura, nel 1995 con un esame al C14 (Carbonio di isotopo 14) venne scoperta un’anomala depressione nella crescita arborea dell’America Settentrionale intorno al 1629-28 a.C.: l’evento deve essere associato senza dubbio alla mega esplosione di Santorini. Il grande boato dell’esplosione avvertito dalla Scandinavia alla lontana Arabia causò la totale frammentazione dell’isola, la quale oggi si presenta sottoforma di un arcipelago di quattro isole che costituiscono alcuni dei luoghi più pittoreschi del Mar Egeo.

I geologi recentemente hanno scoperto che queste due eruzioni, pur avendo radicalmente modificato il territorio circostante, non possono essere definite come le più grandi in assoluto. Gli esperti constatano che la maggiore esplosione si ebbe sull’isola di Sumbawa (Indonesia) causata dal vulcano Tambora nel 1815 (clicca qui).

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Di Admin