La medicina nucleare svolge un ruolo fondamentale nella diagnosi e nel trattamento delle malattie della tiroide, offrendo strumenti precisi e minimamente invasivi. Le principali metodiche diagnostiche includono la scintigrafia tiroidea e il test di captazione dello iodio radioattivo, mentre l’imaging total-body con iodio-131 (¹³¹I) o iodio-123 (¹²³I) è essenziale nel follow-up post-chirurgico dei tumori tiroidei.
La ghiandola tiroide possiede la capacità unica di captare e concentrare lo iodio circolante, utilizzandolo per la sintesi degli ormoni tiroidei tiroxina (T4) e triiodotironina (T3). Questa caratteristica fisiologica rappresenta il principio alla base della scintigrafia tiroidea, una metodica diagnostica che sfrutta traccianti radioattivi per valutare la morfologia e la funzione della tiroide.
Radiofarmaci
Due sono i radiofarmaci principali utilizzati nella pratica clinica:
- Radioiodio (I-123 o I-131): lo I-123, emettitore di raggi gamma con un’emivita di 13 ore, è l’isotopo preferito per la diagnostica grazie alla sua elevata qualità delle immagini e alla minima esposizione radiante. Viene somministrato per via orale (3-5 mCi) e le immagini vengono acquisite generalmente dopo 4 ore, anche se un’acquisizione tardiva (fino a 24 ore) può migliorare il contrasto in casi particolari.
Lo I-131, sebbene meno utilizzato per l’imaging a causa della sua emissione beta (che aumenta la dose assorbita dal paziente), trova impiego nella terapia dei carcinomi tiroidei e nell’imaging post-terapeutico.
Questi traccianti vengono attivamente captati e organificati dalla tiroide, fornendo informazioni sia sulla funzione che sul metabolismo ormonale. - Tecnezio-99m pertecnetato (⁹⁹mTcO₄⁻): questo tracciante, iniettato per via endovenosa (5 mCi), viene captato dalla tiroide in modo simile allo iodio ma non viene organificato. E’ ideale per la valutazione morfologica e funzionale della tiroide. Si distribuisce nel tessuto tiroideo in modo analogo allo iodio, ma senza essere organificato, permettendo immagini precoci (dopo 15-30 minuti), rendendolo ideale per esami rapidi. Tuttavia, a differenza dello iodio, il ⁹⁹mTcO₄⁻ mostra un accumulo fisiologico anche nelle ghiandole salivari e nei tessuti molli circostanti, un dettaglio da considerare nell’interpretazione delle immagini.
Scintigrafia tiroidea
La scintigrafia della tiroide trova applicazione nella:
- valutazione di masse cervicali, come cisti del dotto tireoglosso o tessuto tiroideo ectopico (linguale, mediastinico);
- valutazione di malattia tiroidea diffusa o presenza di noduli e nella caratterizzazione dei noduli tiroidei: i noduli iperfunzionanti (“caldi“) sono raramente maligni, mentre quelli ipofunzionanti (“freddi“) richiedono ulteriori accertamenti (es. agoaspirato);
- diagnosi e follow-up di tiroiditi: la tiroidite subacuta mostra un ridotto uptake, mentre la tiroidite di Hashimoto può presentare un pattern disomogeneo;
- pianificazione pre-terapia con radioiodio nell’ipertiroidismo (es. morbo di Basedow);
- sospetta crescita maligna occulta nella tiroide, specialmente in pazienti che hanno ricevuto irradiazione al collo durante l’infanzia;
- valutazione delle anomalie congenite della tiroide;
- monitoraggio del cancro tiroideo differenziato, identificando recidive o metastasi (specialmente quelle captanti lo iodio).

Per ottenere immagini ad alta risoluzione, è essenziale utilizzare un collimatore a foro stenopeico (pinhole) con inserto da 5 mm, che permette di visualizzare noduli anche di piccole dimensioni.
L’uso di un collimatore a fori paralleli, al contrario, comporta il rischio di falsi negativi, così come l’acquisizione della sola proiezione anteriore (senza oblique) può portare a non identificare fino al 31% dei noduli.
Una scintigrafia tiroidea normale mostra una distribuzione omogenea del tracciante, con la ghiandola che assume la caratteristica forma a “farfalla“. Si osserva captazione nelle ghiandole salivari e nei tessuti molli con Tc-99m pertecnetato, molto meno con lo iodio.
La scintigrafia tiroidea è utile nei casi sospetti di malattia nodulare. Aiuta a determinare il numero e la funzionalità dei noduli. Se è presente una malattia nodulare, i noduli possono apparire solitari o multipli, freddi (con captazione ridotta o assente) o caldi (con captazione aumentata):
- noduli “freddi” (ipocaptanti): presentano un ridotto uptake di tracciante e sono associati a un rischio di malignità del 20-25%, soprattutto se solitari. Richiedono ulteriori indagini, come l’agoaspirato (FNAB);
- noduli “caldi” (ipercaptanti): sono tipicamente benigni (adenomi iperfunzionanti) e raramente maligni. In alcuni casi, possono causare ipertiroidismo (morbo di Plummer).




Nelle patologie diffuse, la scintigrafia aiuta a distinguere:
- morbo di Basedow (Graves): caratterizzato da un aumento diffuso e omogeneo della captazione, spesso con ingrandimento ghiandolare;
- tiroiditi (es. subacuta o di Hashimoto): mostrano un uptake disomogeneo o ridotto, con possibili aree di ipocaptazione in fase infiammatoria attiva.


Le immagini tiroidee devono essere interpretate in associazione con i dati clinici e di laboratorio (test di funzionalità tiroidea), nonché con il risultato della captazione tiroidea, soprattutto nei casi di ipertiroidismo dovuto al morbo di Basedow, poiché in questa condizione possono essere presenti immagini quasi normali.
Test di captazione dello Iodio Radioattivo
Questo test misura la percentuale di radioiodio captato dalla tiroide a 4-6 e 24 ore dall’assunzione orale, aiutando a distinguere:
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- tra ipertiroidismo tossico diffuso, tiroidite e tireotossicosi factitia. L’assorbimento del radioiodio è elevato nell’ipertiroidismo produttivo (es. morbo di Basedow), ma ridotto o assente nella tiroidite (processo distruttivo) e nella tireotossicosi factitia (assunzione esogena di ormoni tiroidei);
- valutazione del morbo di Basedow (Grave’s disease). Il test di captazione del radioiodio aiuta a confermare la diagnosi, pianificare il trattamento con radioiodio e monitorare la risposta terapeutica;
- tiroidite subacuta e cronica. In queste condizioni infiammatorie, l’assorbimento del radioiodio è tipicamente basso. Il trattamento con radioiodio non è indicato, poiché la tiroidite è spesso autolimitante;
- preparazione al trattamento con radioiodio per ipertiroidismo. Include dieta povera di iodio, sospensione temporanea di farmaci antitiroidei e valutazione della captazione per determinare la dose terapeutica;
- valutazione post-chirurgica nella neoplasia tiroidea differenziata. Dopo tiroidectomia, l’assorbimento del radioiodio viene usato per identificare residui tiroidei o metastasi e per guidare la terapia ablativa con iodio-131;
- casi borderline di funzione tiroidea alterata nei test di laboratorio. Nei pazienti con tireotossicosi lieve o borderline, la captazione del radioiodio può aiutare a distinguere tra autonomia tiroidea focale e altre cause, e a personalizzare la dose terapeutica.
Normalmente, la tiroide accumula una parte dello iodio ingerito per sintetizzare T4 e T3, secondo le necessità dell’organismo, sotto il controllo di un meccanismo di feedback che coinvolge gli ormoni tiroidei, TSH (ormone stimolante la tiroide) e TRH (ormone di rilascio della tireotropina).
La captazione tiroidea indica il livello di attività funzionale della ghiandola, misurando la percentuale di radioiodio ingerito che viene trattenuta in un determinato momento (a 2, 4 e/o 24 ore).
Questa misurazione è utile per valutare lo stato funzionale della tiroide in alcune condizioni di ipertiroidismo e ipotiroidismo.

Lo studio viene eseguito utilizzando I-123 oppure una minima attività (7-9 μCi) di iodio-131, con conteggio a livello del collo mediante una sonda.
La captazione tiroidea normale è compresa tra 10-35% nella maggior parte dei laboratori, sia a 4 che a 24 ore.
Questo intervallo può variare in base alla popolazione di pazienti e alla tecnica utilizzata, pertanto i valori di riferimento dovrebbero essere determinati per ciascun laboratorio.
Imaging Total-Body con Radioiodio nel cancro tiroideo
Alcuni tumori tiroidei, come quelli di tipo papillare e follicolare, mantengono la capacità di accumulare iodio, sebbene in misura molto inferiore rispetto al tessuto tiroideo normale.
Questa proprietà viene sfruttata per rilevare recidive locali del tumore e diffusione metastatica a distanza del cancro tiroideo dopo l’intervento chirurgico, mediante somministrazione di iodio e imaging dell’intero corpo.
Lo studio viene utilizzato nei casi post-tiroidectomia per valutare la diffusione regionale e a distanza, e per rilevare recidive tumorali funzionanti nella regione del letto tiroideo o in sedi distanti.
L’esame viene eseguito dopo somministrazione orale di una piccola dose di I-131 o di una attività più elevata di iodio-123, al paziente che deve essere a digiuno da almeno 3 ore. Le immagini vengono acquisite 48 ore dopo, e se necessario a 72 ore o oltre nel caso di I-131, oppure a 6, 24 e opzionalmente 48 ore nel caso di I-123.
Lo studio è utile per rilevare tessuto residuo postoperatorio, metastasi, e per il monitoraggio della terapia. Se non è presente tessuto tiroideo residuo o tessuto tumorale residuo dopo l’intervento, lo studio non mostrerà focolai di accumulo anomalo di radioiodio
Se invece sono presenti focolai di accumulo del radiofarmaco, questi indicano la presenza di ghiandola tiroidea residua e/o tessuto tumorale nella regione del letto tiroideo, oppure tessuto tumorale recidivante o metastatico in sedi distanti, se rilevati come nuovi reperti in uno studio di follow-up.
Lo studio è inoltre utile per valutare la risposta alla terapia ablativa con radioiodio.

L’uso aggiuntivo della SPECT/CT con I-123 o I-131 può contribuire ulteriormente alla localizzazione dei siti di captazione anomala del tracciante, specialmente in casi complessi (es. metastasi ossee), migliorando la accuratezza diagnostica di questi studi. Può inoltre fornire una valutazione più affidabile della risposta ai trattamenti ricevuti.
Altri studi di imaging vengono utilizzati soprattutto quando lo studio con I-123 o I-131 risulta negativo, come ad esempio tallio-201 e FDG-PET/CT.
L’impiego della PET/CT con F-18-FDG è particolarmente importante nei pazienti ad alto rischio, per identificare metastasi a distanza in pazienti post-operatori con livelli elevati di tireoglobulina e scintigrafia total-body con iodio negativa, specie nei carcinomi tiroidei non captanti lo iodio (es. forme anaplastiche o a cellule Hürthle).
Le tecniche nucleari rimangono pilastri nella gestione delle patologie tiroidee, dalla diagnosi di noduli al follow-up oncologico. Con l’evoluzione delle tecnologie ibride (SPECT/CT, PET/CT) e l’ottimizzazione dei protocolli terapeutici, la medicina nucleare continua a offrire soluzioni sempre più precise e personalizzate, riducendo al contempo gli effetti collaterali per i pazienti.
Fonte: A Concise Guide to Nuclear Medicine (Abdelhamid H. Elgazzar e Saud Alenezi)