Shock ipovolemico: diagnosi, monitoraggio e gestione clinica

Lo shock ipovolemico è uno stato di ipoperfusione d’organo causato da una grave riduzione del volume ematico circolante con conseguente riduzione del precarico ventricolare e della gittata cardiaca. Può evolvere rapidamente fino a insufficienza multiorgano se non identificato e trattato tempestivamente.

Fisiopatologia essenziale

  • Riduzione del volume intravascolare → diminuzione del ritorno venoso e del precarico → riduzione della gittata cardiaca.
  • Risposte compensatorie neuro‑ormonali (attivazione simpatico, sistema renina‑angiotensina‑aldosterone, vasopressina) determinano tachicardia, vasocostrizione periferica e ritenzione idrosalina; queste misure temporaneamente mantengono la pressione ma riducono perfusione periferica.
  • Se la perdita di volume persiste, si instaura ipoperfusione tessutale con metabolismo anaerobio e accumulo di lattato, disfunzione endoteliale e alterazioni coagulopatiche secondarie.

Cause cliniche rilevanti

  • Emorragiche:
    • trauma con lesioni arteriose;
    • emorragie gastrointestinali;
    • emorragie intratoraciche, intraperitoneali o retroperitoneali;
    • emorragie dei tessuti molli;
    • fratture di ossa lunghe con significativa perdita ematica.
  • Non emorragiche:
    • perdite esterne di liquidi (vomito, diarrea, sudorazione profusa, poliuria);
    • ustioni;
    • sequestro intravascolare (ascite massiva, pancreatite);
    • edema generalizzato o focale che riduce il volume circolante effettivo.

Valutazione clinica e stadiazione

  • Valutazione anamnestica:
    • dinamica degli eventi per distinguere causa emorragica da non emorragica;
    • meccanismo di trauma;
    • comorbilità cardiopolmonari che modificano la presentazione.
  • Esame obiettivo fondamentale: pressione arteriosa, frequenza cardiaca, perfusione periferica (colore, temperatura, tempo di riempimento capillare), stato di coscienza, frequenza respiratoria, produzione urinaria.
  • Classificazione per gravità (I–IV) basata sulla percentuale di perdita volemica e segni clinici:
    • stadio I (lieve): perdita <15% (circa 750 mL in un soggetto di 70 kg); segno principale tachicardia, pressione normale soprattutto se supino;
    • stadio II (moderato): perdita 20–30% (circa 1500 mL); tachicardia, ipotensione ortostatica, ansia, oliguria iniziale (<1 mL/kg/h);
    • stadio III (grave): perdita >30% (circa 2000 mL); ipotensione anche supina, peggioramento ipoperfusione con alterazione dello stato mentale (ipoperfusione cerebrale) e oliguria marcata (ipoperfusione renale).
    • stadio IV (severo): perdita >40% (>2000 ml); ipotensione severa (con una pressione arteriosa media < 65mmHg), anuria, coma, estremità fredde per intensa vasocostrizione centrale.

Queste categorie riflettono la progressione clinica e guidano urgenza e intensità delle misure terapeutiche.

Monitoraggio e indagini utili

  • Parametri vitali e monitor continuo: PA invasiva quando indicata, ECG, saturimetria, diuresi oraria.
  • Emogasanalisi arteriosa e trend della lattatemia come marker di ipoperfusione e risposta alla rianimazione.
  • Emocromo, coagulazione, fibrinogeno, cross‑match per trasfusioni.
  • Monitoraggio emodinamico invasivo (cateterismo di Swan‑Ganz) se necessario per misurare portata cardiaca e indici derivati in pazienti complessi o shock refrattario.
  • Metriche dinamiche di risposta al volume: valutazione ecografica della vena cava inferiore in proiezione sottocostale e sua collassabilità con atti respiratori, variazione della pressione del polso (PPV) e della gittata sistolica (SVV) in pazienti ventilati, test di passive leg raising (PLR) con misurazione della risposta emodinamica; tutte utili per stimare la fluid responsiveness.
  • Esami strumentali per identificare la causa: in urgenza il protocollo ECO‑FAST nel politraumatizzato è l’unico esame strumentale consentito prima della stabilizzazione; ulteriori indagini (angio‑TC, angiografia, laparotomia esplorativa, endoscopia digestiva nelle emorragie GI) dopo stabilizzazione dei parametri vitali.

Principi del trattamento immediato e successive fasi

  1. Controllo della causa
    • stop emorragico prioritario: controllo emostatico chirurgico o radiologico (embolizzazione) secondo la fonte del sanguinamento; la correzione della causa è la misura primaria e imprescindibile.
  2. Rianimazione volemica calibrata con l’obiettivo di ripristinare precarico e gittata cardiaca adeguata alla perfusione tessutale senza provocare sovraccarico.
    • fluidoterapia: cristalloidi come prima scelta; preferire cristalloidi bilanciati (ringer lattato, Ringer acetato, Plasmalyte) per profilo idroelettrolitico più simile al plasma rispetto alla soluzione salina 0,9% (che contiene solo Na e Cl) (raccomandazione pratica e fisiopatologica del trattamento iniziale);
    • uso dei colloidi è generalmente sconsigliato per rischio di insufficienza renale, coagulopatie e reazioni anafilattoidi; possono essere considerati come terapia di salvataggio in emorragia massiva refrattaria non responsiva a grandi volumi di cristalloidi;
    • attuare strategie guidate dalla fluid responsiveness (PPV, SVV, PLR, IVC dynamics) per evitare fluid overload e edema polmonare, specialmente in pazienti con scompenso cardiaco.
  3. Trasfusione di emocomponenti
    • globuli rossi concentrati: soglia trasfusionale comunemente adottata a livello internazionale è intorno a 7 g/dL; alcune linee indicano cut‑off a 6 g/dL; decisione individuale in base a comorbidità, ischemia cardiaca e condizioni cliniche (soglia relativa 7-10 g/dL);
    • in emorragia massiva o diatesi emorragiche, protocollo di trasfusione massiva con rapporto adeguato di RBC:FFP:platelets e uso di fibrinogeno quando indicato;
    • utilizzo mirato di plasma fresco congelato, unità piastriniche o concentrate di fattori (incluso fibrinogeno) in caso di alterazioni dell’emostasi documentate; test viscoelastici (ROTEM/TEG) sono molto utili per individuare specifici deficit coagulativi e guidare la terapia sostitutiva.
  4. Supporto emodinamico e ventilatorio
    • se nonostante il controllo della causa e adeguata rianimazione volemica la pressione rimane inadeguata, considerare vasopressori (es. noradrenalina) per mantenere perfusione centrale; uso guidato dallo stato emodinamico complessivo;
    • ventilazione di supporto quando necessario; attenzione all’effetto della ventilazione meccanica sui parametri di responsività al volume.

Soglie trasfusionali per emoglobinemia

Emoglobinemia (g/dL)Raccomandazione trasfusionaleIndicazioni clinicheAzione pratica
< 7Trasfusione sempre indicataAnemia grave sintomatica
instabilità emodinamica
Preparare e somministrare emazie concentrate
monitorare segni vitali
7-10Trasfusione indicata solo in specifici gruppiAnziani > 70 anni
patologia cardiaca ischemica o scompenso cardiaco
Valutare rischio/beneficio
considerare trasfusione se sintomi o ischemia
> 10Trasfusione non indicataPazienti stabili senza sintomi ischemiciEvitare trasfusione
monitorare e rivalutare emoglobina

Possibili effetti collaterali alla trasfusione di globuli rossi concentrati

EffettoTempisticaSegni principaliAzione immediata
Intossicazione da citratoImmediata-precoceIpotensione
parestesie
Somministrare calcio
monitorare elettroliti
IperkaliemiaImmediata-precoceAritmie
debolezza
Controllare K+
trattare aritmie
IpotermiaImmediataBradiaritmie
tremore
Riscaldare paziente e prodotto
Emolisi immuno-mediate precociPrecoceFebbre
dolore lombare
emoglobinuria
Sospendere trasfusione
supporto emodinamico
Emolisi immuno-mediate tardiveTardivaAnemia progressiva
ittero
Monitorare Hb
indagini immunoematologiche
Formazione di microaggregatiImmediataIpossia tissutaleUsare filtri appropriati
Problemi infettiviVariabileFebbre
segni sistemici
Valutare colturale
terapia mirata
TRALIEntro 6 oreDispnea acuta
ipossiemia
Sospendere trasfusione
supporto respiratorio
Insufficienza respiratoriaImmediata-TardivaDispnea severa
ipossiemia
O2
ventilazione se necessaria
TACO (sovraccarico)Immediata-precoceEdema polmonare
scompenso cardiaco
Diuretici
rallentare/sospendere trasfusione

Note pratiche per il clinico

  • In emergenza, eseguire ECO‑FAST e misure di rianimazione simultanee; non ritardare il controllo emorragico per esami non urgenti.
  • Utilizzare parametri dinamici di fluid responsiveness piuttosto che valori statici (PVC isolata spesso fuorviante).
  • Monitorare la lattatemia nel tempo per valutare risposta alla rianimazione e prognosi.
  • Personalizzare la soglia trasfusionale: anziani e pazienti con malattia coronarica possono richiedere soglie più alte; bilanciare rischi/benefici della trasfusione.
  • Considerare rapidamente la correzione dei deficit di coagulazione con guida di test viscoelastici nelle emorragie importanti.

Conclusione operativa

  • Priorità: identificare e controllare la fonte di perdita volemica, ristabilire un precarico adeguato con fluidi guidati dalla responsività e integrare trasfusioni e prodotti ematici quando indicati.
  • Usare monitoraggio dinamico e laboratoristico (lattato, ROTEM/TEG quando disponibili) per guidare la rianimazione e minimizzare danni da sovraccarico o coagulopatia.

Fonte: Manuale di anestesia e rianimazione. Concorso Nazionale SSM.

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