Esistono due modi per ricercare le IgE specifiche: in vivo (sul paziente) e in vitro (sul siero del paziente). La diagnosi è spesso complessa e fondamentale è il ruolo della clinica e dell’anamnesi.

Le IgE mediano l’allergia e la parassitosi intestinale (rara). La sede elettiva della mastcellula è il tessuto, le mastcellule cutanee con annesse IgE sono maggiormente presenti nell’organismo, di conseguenza la diagnosi di I livello è cutanea (skin-test), mentre la diagnosi di II livello (RAST) è in laboratorio su siero e si fa solo se necessaria.

Diagnosi di I livello

Gli skin tests quantitativi sono stati immessi in quella che è la diagnostica di routine già dal 1800, perché sono di facile interpretazione, esecuzione e consentono, con una spesa ridotta, di avere un’alta sensibilità e una risposta rapida. Tra questi test vi sono il Test intracutaneo (Mantoux, 1908) e il Prick test (Lewis e Grant, 1924).

Il prick test si esegue ponendo una goccia di estratto allergenico sulla cute del paziente e pungendo perpendicolarmente la cute con la lancetta passando attraverso la goccia di estratto.
Se il test è positivo si avrà la formazione di un rilievo pomfoide. Se non si ha la formazione del pomfo il test è negativo.
Nella goccia è presente l’allergene, pungendo, l’operatore ne determina l’ingresso nella cute; se le mastcellule hanno su di loro gli anticorpi, questi si legheranno all’allergene e determineranno una piccola degranulazione, con conseguente pomfo cutaneo.

Di estrema importanza è l’ordine da stabilire e seguire nella successione degli estratti allergenici da posizionare, per facilitare l’interpretazione del risultato.

Skin prick test e intradermal test

Si usa la lancetta e non l’ago perché un test per essere valido deve essere riproducibile. Un ago, per quanto l’operatore possa avere mano ferma, non verrà mai immesso nella cute nello stesso modo per i diversi pazienti e nello stesso paziente. Se invece si utilizza la lancetta, la cui base è piatta, si avrà una profondità standard che garantisce la riproducibilità del test.

Nell’ambito dei test cutanei, oltre agli SKIN PRICK TEST (più usati) si ritrova anche l’INTRADERMAL TEST, che si esegue iniettando attraverso una siringa da insulina, nella zona tra cute e sottocute, l’allergene.

Dopo 15-20 minuti l’operatore evidenzia con un pennarello dermografico il perimetro di ciascun pomfo, lo rileva con nastro adesivo rimuovibile e trasparente che trattiene su di sé il perimetro del pomfo e ne riporta l’impronta su apposite schede con il nome dell’allergene.
Successivamente effettua il calcolo del diametro medio del pomfo: D= (d1+d2)/2, dove d1 è il diametro maggiore e d2 il diametro minore/perpendicolare. Il risultato deve essere riportato in millimetri.

Per convenzione:

  • Test negativo < 3 mm;
  • Test positivo: > 3 fino a 10 mm;
  • fortemente positivo > 10 mm.

Di estrema importanza sono i controlli, il controllo positivo è rappresentato dall’istamina; un paziente che ha una reattività normale, presenta il pomfo all’istamina. Laddove trovassimo il pomfo di istamina assente, dovremmo chiedere al paziente se ha assunto antistaminici in quanto alterano il risultato del test.

Al contrario, se il controllo negativo, effettuato con soluzione fisiologica, dovesse essere positivo, starebbe ad indicare che il paziente ha una iper-reattività aspecifica (dermografismo), ci sono soggetti che hanno una particolare reattività perchè la cute è molto delicata e responsiva e tutto ciò comporterà invalidità del test.

In sintesi, gli Skin tests in allergologia sono:

  • Sensibili e specifici;
  • Rapidi, riproducibili, non costosi;
  • Molti tests in un’unica sessione, per cui la risposta si dà in giornata;
  • Quantitativi, stabilendo diametro medio/area (mm2):
    • proporzionali al rilascio di istamina perché in piccolo si va a stimolare una reazione allergica;
    • proporzionali alle IgE specifiche. Se il paziente ha i mastociti su cui sono adesi le IgE, si avrà reazione allergica. Se non ci sono le IgE specifiche non succederà niente. Maggiore è il pomfo, maggiori saranno le IgE.

Diagnosi di II livello

La diagnosi di II livello si basa sulla diagnostica in vitro, su siero. Il sistema in vitro è di II livello per la diagnostica perché le IgE del sangue rappresentano le IgE in eccesso (il sangue non è la loro sede elettiva), la sede elettiva è la cute.

Il paziente è di fronte all’operatore, si effettua il prelievo di sangue venoso, il sangue viene messo in una provetta contente eparina come anticoagulante per emocromo (anche EDTA) e nella provetta che ha una base siliconata (tappo generalmente rosso) per accelerare i tempi di coagulazione, si centrifuga e si ottiene la separazione delle due fasi.. Dalla provetta si preleva, mediante pipetta, il sovranatante, il siero, su cui verranno effettuate le analisi di ricerca di anticorpi.

Il siero si conserva a -20 °C e anche dopo alcuni anni non decade.

Metodica PRIST

In laboratorio, ci sono piastre con dei pozzetti con un disco di carta su cui sono adesi gli anticorpi anti-IgE.

In questo caso, si vanno a dosare le IgE totali, sommando tutte le IgE, metodica PRIST (a).

Si aggiunge ai pozzetti il siero del paziente e se conterrà gli anticorpi IgE, questi si andranno a legare agli anticorpi anti-IgE del disco di carta; al contrario, in assenza di IgE, non succederà nulla.
Se le IgE ci sono e si sono legate, non si vede nulla, perché il processo si deve manifestare attraverso un sistema rivelatore: nel pozzetto si aggiungono anticorpi anti IgE radiomarcati che mettono in evidenza la presenza o meno delle IgE (sistema rivelatore maggiormente usato in passato).

L’anticorpo radiomarcato anti-complesso “Ab anti-IgE/IgE” si andava a rilevare con i gamma counter, con i quali si vedeva se il pozzetto emetteva radiazione. Adesso si usano i sistemi ELISA, metodi rivelatori colorimetrici: se ci sono IgE, gli anticorpi emettono un colore di intensità proporzionale alla quantità di IgE presenti. Successivamente, con una scala colorimetrica, si confrontano i risultati.

Molte volte le IgE totali sono elevate per condizioni che non sono legate all’allergia, per cui senza clinica, un PRIST elevato non ha significato.

Metodica RAST

La metodica RAST (b) consente il dosaggio di IgE specifiche, quindi se si vuole sapere, per es. per il polline di olivo, quante sono le IgE del paziente.

L’allergene è adsorbito su un dischetto di carta e messo nel pozzetto, si aggiunge il siero che dovrebbe contenere le IgE del paziente; ancora una volta ci sarà il legame degli anticorpi anti-IgE del pozzetto con le IgE specifiche del siero e il sistema rivelatore sarà lo stesso (radiazione o colore).

Microarray – ISAC

Oltre al RAST esistono altre tecniche come il Microarray – ISAC e la Diagnosi molecolare o Component resolved diagnosis, che sono sostanzialmente metodiche specialistiche o di ricerca. Sono costose e non indicate nella diagnostica di routine ma in casi selezionati. La diagnosi molecolare va a vedere la presenza di IgE per la singola componente di allergene.

Fonte: Immunologia cellulare e molecolare.

Di Raffo

Ciao a tutti, mi chiamo Raffaele Cocomazzi e sono il cofondatore di BMScience. Sono appassionato di Scienza, Medicina, Chimica e Tecnologia. Laureato in Medicina e Chirurgia presso l'Università degli studi di Foggia e attualmente specializzando in Medicina Nucleare presso l'Alma Mater Studiorum (Università di Bologna). Per contattarmi o maggiori informazioni seguimi sui vari social.