Angina Pectoris: angina stabile ed instabile

L’angina pectoris rappresenta la manifestazione clinica più comune della cardiopatia ischemica. La sua causa principale è l’aterosclerosi coronarica, che restringe progressivamente il lume delle arterie.

In generale, si osserva che una riduzione del lume vascolare di circa il 70% è sufficiente a provocare ischemia durante sforzo fisico. Quando la stenosi raggiunge l’80-90%, invece, il paziente può sviluppare sintomi anginosi anche a riposo, a causa del marcato deficit di flusso sanguigno.

Angina Stabile

Il quadro tipico dell’angina stabile è caratterizzato da un dolore oppressivo e costrittivo localizzato dietro lo sterno. Questo dolore può irradiarsi verso il braccio sinistro, il collo, la mandibola o la regione tra le scapole. Spesso si associa a sintomi neurovegetativi come nausea, vomito e sudorazione fredda.

Una caratteristica fondamentale è che il dolore viene scatenato da uno sforzo fisico o da stress emotivo e tende a scomparire con il riposo o dopo l’assunzione di nitroglicerina. Per definire un’angina come “stabile”, è necessario che i sintomi mantengano le stesse caratteristiche (durata, intensità e fattori scatenanti) per almeno due mesi.

Tuttavia, in alcuni casi, la sintomatologia può presentarsi in modo atipico. Nei pazienti anziani o diabetici, ad esempio, il dolore può essere localizzato in sedi insolite (come l’epigastrio, il lato destro del torace o la schiena) o manifestarsi sotto forma di dispnea improvvisaastenia marcata o nausea. Questi sintomi vengono definiti equivalenti anginosi e possono rendere più complessa la diagnosi.


Diagnosi

La diagnosi di angina pectoris è principalmente clinica e si basa sull’anamnesi del paziente. Un elemento utile è la risposta al trattamento: se il dolore migliora con i nitrati, è più probabile che abbia un’origine cardiaca. Tuttavia, questo non è sufficiente per una diagnosi definitiva, poiché anche altre condizioni (come lo spasmo esofageo) possono rispondere agli stessi farmaci.

Allo stesso modo, se il dolore peggiora con i movimenti o la pressione, potrebbe essere di natura osteomuscolare. L’esame obiettivo, in molti casi, non rivela alterazioni significative, ma in alcuni pazienti si possono riscontrare segni aspecifici come un soffio cardiaco transitorio (dovuto a ischemia del muscolo papillare), un terzo o quarto tono cardiaco o una tachicardia.

Durante un episodio anginoso, l’ECG può mostrare una depressione del tratto ST, segno di ischemia miocardica. Questa alterazione è solitamente transitoria e scompare con la risoluzione dei sintomi. Nei periodi tra un episodio e l’altro, invece, l’ECG può risultare normale nel 50% dei casi, mentre in altri pazienti si osservano alterazioni aspecifiche delle onde T o del tratto ST.

L‘ecocardiogramma è fondamentale per valutare la funzione cardiaca globale, in particolare la frazione di eiezione ventricolare (FE). Se viene rilevata una disfunzione del ventricolo sinistro, il paziente dovrebbe essere avviato a una coronarografia per una valutazione più approfondita.

Anche se non specifica per l’angina, la radiografia del torace può essere utile per identificare altre condizioni associate, come segni di ipertensione arteriosa o scompenso cardiaco.

I test da sforzo e provocazione dell’ischemia servono a riprodurre i sintomi anginosi in un contesto controllato, monitorando contemporaneamente l’ECG. Un sottoslivellamento del tratto ST durante l’esercizio fisico è un forte indicatore di ischemia miocardica.

Il gold standard per lo studio delle coronarie è la coronarografia che permette di visualizzare direttamente le arterie cardiache, identificare eventuali stenosi e valutarne la gravità. Grazie a tecniche avanzate come la FFR (Fractional Flow Reserve) o l’iwFR (instantaneous Wave-Free Ratio), è possibile determinare anche l’impatto funzionale di una stenosi sul flusso sanguigno, guidando così le scelte terapeutiche.


Gestione del paziente con angina pectoris

La gestione del paziente con angina stabile può generalmente essere condotta in regime ambulatoriale. Un aspetto fondamentale è la corretta stratificazione del rischio di eventi coronarici acuti, che viene effettuata valutando sia le caratteristiche cliniche del paziente sia i risultati dei test strumentali per la ricerca di ischemia indotta. La scelta del test di provocazione più appropriato dipenderà dalle condizioni specifiche del paziente e dalla sua capacità di eseguire determinati esami.

Nei casi ad alto rischio, sia per caratteristiche cliniche che per risultati dei test, o in presenza di disfunzione ventricolare, è indicato procedere con una coronarografia diagnostica. Questo esame permette di visualizzare direttamente le coronarie e valutare la presenza di eventuali stenosi significative, per poi programmare un eventuale intervento di rivascolarizzazione quando necessario.

Spasmo dell’arteria coronaria destra prossimale (freccia), che si risolve con nitroglicerina.

Per quanto riguarda il trattamento farmacologico, esistono due approcci principali. Da un lato c’è la terapia preventiva, che include l’uso di farmaci antiaggreganti come l’acido acetilsalicilico (o clopidogrel in caso di intolleranza) e statine per il controllo del profilo lipidico. Dall’altro c’è la terapia sintomatica, che prevede l’uso di nitroglicerina sublinguale per gli episodi acuti e una terapia cronica con beta-bloccanti come trattamento di base, eventualmente associati ad altri farmaci come calcio-antagonisti, nitrati a rilascio prolungato o farmaci più recenti come ranolazina e ivabradina nei casi più complessi.

Quando l’angina risulta refrattaria al trattamento medico ottimale, è necessario riconsiderare l’opzione della coronarografia per valutare la possibilità di un intervento di rivascolarizzazione. Il follow-up di questi pazienti prevede controlli annuali con ECG e valutazione clinica, con la necessità di ripetere i test di provocazione in caso di ricomparsa dei sintomi o comparsa di nuova sintomatologia.

Angina in pazienti con coronarie indenni

Un capitolo particolare riguarda i casi di angina in assenza di stenosi coronariche significative. L’angina microvascolare, o sindrome X, si manifesta con sintomi tipici nonostante la coronarografia risulti normale, a causa di un’alterazione del microcircolo coronarico. Questi pazienti richiedono un controllo aggressivo dei fattori di rischio e spesso una terapia antianginosa combinata.

L’angina vasospastica (o di Prinzmetal) rappresenta un’altra forma particolare, caratterizzata da episodi improvvisi di angina a riposo, spesso notturni, causati da uno spasmo delle coronarie. La diagnosi si basa sul quadro clinico tipico e sull’assenza di stenosi significative alla coronarografia, mentre il trattamento prevede principalmente calcio-antagonisti, evitando invece i beta-bloccanti che potrebbero peggiorare il vasospasmo.

Le recenti linee guida hanno introdotto il concetto di MINOCA (Infarto miocardico senza stenosi coronariche), che include oltre alle forme già menzionate anche la sindrome di Tako-Tsubo e le miocarditi. Questa classificazione sottolinea l’importanza di considerare diverse cause di ischemia miocardica anche in assenza di ostruzioni coronariche significative.

In conclusione, la gestione ottimale dell’angina pectoris richiede un approccio personalizzato che parta da una corretta stratificazione del rischio, prosegua con una terapia medica mirata e consideri l’opzione di valutazioni invasive nei casi appropriati. Particolare attenzione deve essere riservata alle forme non aterosclerotiche, che richiedono approcci diagnostici e terapeutici specifici. Un attento follow-up permette infine di adattare la terapia in base all’evoluzione clinica del paziente.

Angina instabile

L’angina instabile rappresenta un’emergenza cardiologica che si manifesta attraverso episodi anginosi non riconducibili ai criteri di stabilità. Questa condizione rientra nel quadro delle sindromi coronariche acute senza sopraslivellamento del tratto ST (SCA-NSTE), condividendo la stessa base fisiopatologica dell’infarto miocardico senza sopraslivellamento ST (NSTEMI). La sua importanza clinica risiede nell’elevato rischio di progressione verso eventi ischemici maggiori, richiedendo pertanto una valutazione e un trattamento tempestivi.

Il quadro clinico dell’angina instabile si presenta attraverso diverse manifestazioni che ne definiscono la gravità e l’urgenza del trattamento. L’angina a riposo si caratterizza per episodi che insorgono senza fattori scatenanti evidenti, rappresentando un segnale d’allarme per un’ischemia miocardica significativa. L’angina ingravescente mostra invece una progressione dei sintomi, con episodi più frequenti, più intensi o scatenati da sforzi progressivamente minori. L’angina di nuova insorgenza, comparsa entro uno-due mesi, e quella post-infartuale, che si manifesta entro un mese da un evento ischemico acuto, completano il quadro delle forme instabili.

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