Un’ereditarietà è recessiva, quando entrambi gli alleli devono essere mutati perché si manifesti il fenotipo. L’ereditarietà è dominante quando una singola copia del gene è mutato, e questa singola mutazione da sola, nonostante ci sia l’altro allele non mutato, è in grado di manifestare la patologia.

La cosa da tenere presente è che è il fenotipo ad essere dominante o recessivo (non ha senso parlare di genotipo dominante o recessivo). Quindi, mutazioni dominanti si manifestano sia in eterozigosi che in omozigosi, mentre mutazioni recessive si manifestano solo in omozigosi.

In realtà, la situazione non è così semplice, perché vi sono anche dei casi intermedi: una mutazione di un allele può portare a dei fenotipi intermedi, anche se generalmente le mutazioni recessive sono mutazioni che comunque portano alla patologia.
Quando i due alleli sono normali, si ha un fenotipo normale. Quando uno dei due alleli è mutato si può avere un caso di normalità (se la mutazione è recessiva) o di patologia (se la mutazione è dominante). Quando entrambi gli alleli sono mutati, si ha necessariamente una situazione patologica.

Generalmente, le mutazioni recessive riguardano gli enzimi: quando il 50% dell’enzima non funziona, il 50% dell’enzima funzionante (derivante dall’allele funzionante) è capace di sopperire alla funzione. In questo caso, perché si abbia una patologia, è necessario che entrambi gli alleli siano mutati. Questo per quanto riguarda le malattie metaboliche.

Abbiamo il caso di dominanza, quando anche il 50% della proteina funzionante non è in grado di sopperire alla mancanza dell’altro allele, e quindi abbiamo comunque la comparsa della patologia. Ci sono poi casi intermedi di aploinsufficienza: il 50% di mancanza di funzionalità dell’elastina (una proteina del tessuto connettivo); in alcuni distretti non ha nessun effetto, perché il 50% riesce a sopperire al deficit, mentre in altri distretti, come nell’aorta, anche il 50% non è in grado di sopperire a questa mancanza, e così può comparire una patologia aortica.
La dominanza può essere negativa o gain-of-function.
Si ha dominanza negativa, quando il 50% della proteina che non funziona, prodotta dall’allele mutato, va ad inibire il 50% della proteina che invece funziona: questo è soprattutto il caso delle proteine multimeriche, costituite cioè da più subunità (come le catene del collagene; basta che una di queste catene non funziona correttamente, perché essa vada a disturbare le altre due, impedendo la corretta formazione dell’elica di collagene).
Invece, il dominante gain-of-function, si ha nel momento in cui una proteina mutata ha una funzione nuova, o una funzione aumentata (il caso, ad esempio, degli oncogeni, che possono portare ad una proliferazione incontrollata, fino a portare allo sviluppo di tumori. Questa mutazione fa sì che questi geni vengano sovraespressi, o abbiano una funzione nuova, col rischio di sviluppare questo tipo di patologie).

Per quanto riguarda il collagene e, in particolare, l’osteogenesi imperfetta (una malattia ossea), esistono tantissimi tipi di collagene; in questo caso, viene interessato il collagene di tipo Ia. Questo collagene è costituito da 3 catene: 2 α1 e 1 α2. Perché il collagene funzioni correttamente, è necessario che le tre catene si impacchettino adeguatamente tra loro per formare la tripla elica. Una mutazione può portare a far sì che una di queste tre catene sia anomala (ad esempio una mutazione di senso, che sostituisce un aminoacido con un altro). Nel momento in cui si forma la tripla elica, si ha una scompaginazione della stessa, perché c’è una mutazione a livello di una singola elica. Quest’effetto dipende anche da dove è localizzata la mutazione (più è N-terminale, minore è il disturbo; più è C-terminale, più il collagene di tipo Ia viene a mancare nella cellula).
Paradossalmente, le mutazioni non-sense, che non fanno proprio produrre una delle tre catene, sono meno gravi, e portano ad una osteogenesi di tipo lieve in quanto le due catene residue comunque riescono a impacchettarsi; abbiamo così una produzione di collagene ridotta, proprio perché non c’è la terza catena mutata che va a scompaginare le altre due. Quindi, una mutazione teoricamente più grave, perché non-sense o frame-shift, è più protettiva rispetto ad una mutazione di senso, che inserisce un aminoacido, ma che porta ad una catena che disturba la conformazione della tripla elica.

Riassumendo, la dominanza e la recessività non sono concetti assoluti, ma dipendono dalla situazione in cui ci troviamo. Ad esempio l’anemia falciforme è una malattia recessiva (perché si abbia la vera e propria patologia, è necessario che entrambi gli alleli del gene della β-globina presentino la mutazione). Da un punto di vista fenotipico, i portatori di questa malattia, che hanno, cioè, un solo allele mutato (eterozigosi), non hanno manifestazioni patologiche, tuttavia, i loro globuli rossi, al microscopio, appaiono anormali, a forma di falce e, in casi di ipossia, tendono a falcizzare (caratteristiche che quindi compaiono anche in eterozigosi).

Fonte: Genetica umana e medica.

Di Raffo

Ciao a tutti, mi chiamo Raffaele Cocomazzi e sono il cofondatore di BMScience. Sono appassionato di Scienza, Medicina, Chimica e Tecnologia. Laureato in Medicina e Chirurgia presso l'Università degli studi di Foggia e attualmente specializzando in Medicina Nucleare presso l'Alma Mater Studiorum (Università di Bologna). Per contattarmi o maggiori informazioni seguimi sui vari social.