La terapia radioligandica nel carcinoma prostatico: stato dell’arte e prospettive future delle sperimentazioni cliniche

La teranostica rappresenta un cambiamento di paradigma nell’oncologia moderna, fondendo in modo sinergico la diagnostica molecolare e la terapia mirata. Questo approccio incarna l’essenza della medicina di precisione, utilizzando un singolo bersaglio molecolare sia per visualizzare la malattia che per veicolare un trattamento direttamente alle cellule tumorali.

Nel carcinoma prostatico, l’accoppiata diagnostico-terapeutica basata sull’antigene di membrana specifico della prostata (PSMA) è diventata l’esempio emblematico di questo successo: l’imaging PET-PSMA consente una stadiazione e una selezione dei pazienti di altissima precisione, mentre la terapia con radioligandi (RLT) che mira allo stesso bersaglio permette di erogare una dose mirata di radiazioni.

Per navigare in questo scenario in rapida evoluzione, è essenziale partire dalle fondamenta: la necessità di solidi criteri per la selezione del paziente e per la valutazione della risposta, elementi cruciali per garantire l’applicazione clinica ottimale della RLT.

Selezione del paziente e valutazione della risposta

Una corretta selezione dei pazienti e un’accurata valutazione della risposta sono i pilastri fondamentali su cui si basa il successo della terapia con radioligandi. Questi due elementi non solo massimizzano l’efficacia del trattamento per il singolo paziente, ma sono anche indispensabili per interpretare correttamente i risultati degli studi clinici e per guidare le decisioni terapeutiche nel team multidisciplinare.

Selezione del paziente tramite imaging

La PET-PSMA è il biomarcatore di imaging essenziale che guida la selezione dei pazienti per la RLT. La qualità dell’immagine è di importanza critica; l’utilizzo di radiofarmaci validati è un prerequisito non negoziabile, poiché selezionare i pazienti sulla base di un’immagine di bassa qualità rischia di compromettere irrimediabilmente l’esito della terapia.

L’espressione del target, visualizzata e quantificata tramite la PET, è direttamente correlata all’efficacia del trattamento, poiché determina la dose di radiazioni che può essere erogata al tumore.

Studi come TheraP hanno dimostrato che la quantificazione delle lesioni è un potente fattore predittivo. In particolare, è emerso che un valore soglia di SUVmean > 10 in tutte le lesioni tumorali identifica un sottogruppo di pazienti con una probabilità di risposta eccellente alla terapia con Lutezio-177 PSMA (¹⁷⁷Lu-PSMA), con un odds ratio di risposta dodici volte superiore rispetto alla chemioterapia con cabazitaxel.

Evoluzione dei criteri di risposta

I criteri tradizionali per la valutazione della risposta nel carcinoma prostatico, come i PCWG3 (Prostate Cancer Working Group 3), si basano su metodiche di imaging morfologico come la CT e la scintigrafia ossea. Questi approcci, tuttavia, mostrano limiti drammatici nell’era della teranostica. Un esempio clinico emblematico è quello di un paziente le cui metastasi ossee, in risposta alla terapia, mostrano un’aumentata sclerosi alla scintigrafia – un segno di guarigione. Secondo i criteri PCWG3, queste nuove aree ipercaptanti vengono classificate come “progressione di malattia“, causando l’esclusione del paziente da uno studio clinico e l’interruzione prematura di un trattamento efficace.

Per superare queste limitazioni, sono stati sviluppati i criteri RECIP (Response Evaluation Criteria In PSMA-PET). Questo innovativo framework sposta il focus dalla semplice comparsa di nuove lesioni a una valutazione olistica del carico tumorale totale (whole-body tumor volume). I RECIP definiscono la progressione (PD) come un aumento del volume tumorale del 20% associato alla comparsa di almeno una nuova lesione, e la risposta parziale (PR) come una riduzione del 30% del volume in assenza di nuove lesioni. Questo approccio integrato previene l’interruzione di trattamenti in pazienti che, pur sviluppando nuove lesioni, mostrano una riduzione complessiva del carico di malattia.

I criteri RECIP sono stati sviluppati in due modalità:

  • approccio quantitativo: richiede un software specifico per la segmentazione e la quantificazione del volume tumorale, ideale per l’impiego rigoroso negli studi clinici;
  • approccio visuale: consente ai medici di classificare la risposta in progressione (PD) o non-progressione (non-PD) con un’eccellente concordanza (84%) rispetto all’approccio quantitativo. Questa versione è già implementabile nella pratica clinica e offre uno strumento pratico per guidare le decisioni terapeutiche.

L’applicazione di questi fondamenti, selezione accurata e valutazione rigorosa della risposta, è ciò che consente di interpretare e contestualizzare correttamente i risultati delle sperimentazioni cliniche che stanno plasmando il ruolo della RLT.

Panorama attuale dei trial clinici per setting di malattia

L’evoluzione della terapia con radioligandi è testimoniata dal suo progressivo spostamento da opzione terapeutica di ultima linea a strategia di trattamento esplorata in setting clinici sempre più precoci. Questa sezione analizza i trial più significativi organizzati per fase di malattia, illustrando come la RLT stia ridefinendo gli standard di cura in ogni stadio del carcinoma prostatico.

Terapie neoadiuvanti e di prima linea

L’utilizzo della RLT in fase neoadiuvante, prima della chirurgia o della radioterapia radicale, mira a ridurre il carico tumorale e a migliorare gli outcome a lungo termine:

  • lo studio pioniere Lutectomy ha valutato la sicurezza e la risposta istopatologica di ¹⁷⁷Lu-PSMA prima della prostatectomia, aprendo la strada a questo approccio;
  • strategie innovative, come la somministrazione intra-arteriosa del radioligando, sono in fase di studio per massimizzare la dose erogata direttamente al tumore prostatico, aumentandone l’efficacia locale;
  • lo studio Upfront PSMA ha testato la RLT come terapia di prima linea in pazienti con carcinoma prostatico metastatico de novo, in associazione a docetaxel e terapia di deprivazione androgenica (ADT). Sebbene i risultati siano stati eccellenti, il disegno dello studio ha attirato forti critiche dalla comunità oncologica, poiché al momento della sua concezione non erano ancora standard le terapie “triplette” e mancava un braccio con abiraterone.

Carcinoma prostatico metastatico ormono-sensibile (mHSPC)

In questa fase, l’approccio terapeutico viene differenziato in base al carico di malattia:

  • malattia oligometastatica (<5 lesioni): lo studio LUNAR ha confrontato la radioterapia stereotassica ablativa (SBRT) da sola contro la combinazione di SBRT e ¹⁷⁷Lu-PSMA. I risultati hanno mostrato un miglioramento statisticamente significativo del tempo alla progressione nel braccio di combinazione, con un profilo di tossicità molto basso. Strategicamente, questo approccio apre a una terapia dinamica e personalizzata, in cui i pazienti che non rispondono completamente alla RLT sistemica possono ricevere un trattamento SBRT mirato sulle lesioni residue;
  • malattia multimetastatica: lo studio PSMAaddition ha valutato l’aggiunta di ¹⁷⁷Lu-PSMA allo standard di cura (SOC). I dati presentati hanno evidenziato un beneficio statisticamente significativo nella sopravvivenza libera da progressione radiologica (rPFS) per i pazienti che hanno ricevuto la RLT, consolidandone il potenziale anche in questo setting precoce.

Carcinoma prostatico metastatico resistente alla castrazione (mCRPC) – setting pre-chemioterapia

In pazienti che hanno progredito dopo una prima linea di inibitori del recettore androgenico (ARPI) ma prima di ricevere la chemioterapia, la RLT si è dimostrata un’opzione superiore.

Gli studi di fase III PSMAfore e SPLASH hanno confrontato direttamente ¹⁷⁷Lu-PSMA con uno switch ad un secondo ARPI. Entrambi i trial hanno dimostrato in modo conclusivo la superiorità della RLT in termini di rPFS, posizionandola come una nuova opzione terapeutica standard in questo cruciale snodo decisionale.

Oltre a questo spostamento strategico verso linee di trattamento più precoci, la frontiera della ricerca sulla RLT si sta espandendo rapidamente attraverso lo studio di potenti terapie di combinazione.

Il potere delle terapie di combinazione

Il razionale oncologico alla base delle terapie di combinazione è quello di attaccare il tumore su più fronti per superare i meccanismi di resistenza, contrastare l’eterogeneità biologica e potenziare l’efficacia della RLT attraverso sinergie molecolari. Le sperimentazioni in corso stanno esplorando diverse associazioni promettenti:

  • combinazione con Inibitori del Recettore Androgenico (ARPI): lo studio ENZA-P ha combinato ¹⁷⁷Lu-PSMA con Enzalutamide in pazienti con mCRPC. I risultati hanno mostrato non solo un significativo miglioramento della sopravvivenza globale, quantificabile in 8 mesi, ma anche un profilo di qualità della vita superiore. In termini di fatica e dolore percepito, il braccio con Lutezio ha ottenuto risultati migliori, dimostrando un beneficio sia clinico che sintomatico per il paziente;
  • combinazione con inibitori di PARP: questa strategia si basa su un potente meccanismo sinergico: la RLT induce un danno al DNA a singolo filamento, mentre gli inibitori di PARP (come Olaparib) bloccano il meccanismo di riparazione di tale danno, portando alla morte cellulare. Studi recenti hanno mostrato risultati eccellenti con questa combinazione in pazienti con mCRPC, con tassi di rPFS a un anno molto promettenti;
  • combinazione con altri radionuclidi: lo studio Alphabet esplora un approccio innovativo combinando due tipi di radiazioni. Associa ¹⁷⁷Lu-PSMA, un emettitore di particelle beta, con Radio-223, un emettitore di particelle alfa che si concentra elettivamente nelle metastasi ossee. L’obiettivo è colpire la malattia scheletrica con un duplice meccanismo d’azione, potenziando l’effetto antitumorale;
  • combinazione con chemioterapia: la chemioterapia con taxani (docetaxel o cabazitaxel) può agire come agente radiosensibilizzante, aumentando la vulnerabilità delle cellule tumorali agli effetti delle radiazioni emesse dalla RLT. Lo studio LuCAB è un esempio di trial che sta valutando la combinazione di cabazitaxel e ¹⁷⁷Lu-PSMA per sfruttare questa sinergia.

Nonostante i notevoli progressi ottenuti con queste strategie, la resistenza al trattamento, sia primaria che acquisita, rimane una sfida clinica fondamentale da affrontare per ottimizzare ulteriormente gli outcome dei pazienti.

Meccanismi di resistenza e strategie post-progressione

Comprendere e superare i meccanismi di resistenza alla RLT è un passo cruciale per ottimizzare gli esiti a lungo termine e per definire le sequenze terapeutiche più efficaci. Tuttavia, è fondamentale premettere che in questo campo dati certi non ce ne sono, ed è una gran confusione, con risultati spesso discordanti tra studi a causa delle ridotte dimensioni dei campioni.

Analisi dei meccanismi di resistenza

La resistenza può essere primaria, quando il tumore non risponde fin dall’inizio, o acquisita, quando la risposta iniziale è seguita da una successiva progressione. L’analisi molecolare ha iniziato a far luce sui fattori biologici sottostanti:

  • biomarcatori di ridotta risposta: alterazioni a carico dei geni TP53 e CDK12 sono state associate a una ridotta risposta alla RLT;
  • biomarcatori di risposta positiva: paradossalmente, alterazioni in geni di riparo del danno al DNA come BRCA2 e ATM sono associate a una migliore risposta. Questo fenomeno è spiegato dal fatto che i tumori con queste alterazioni mostrano un’espressione del PSMA significativamente più elevata.

Un dato fondamentale emerso dalla ricerca è che molti meccanismi di resistenza rimangono dipendenti dal segnale del recettore androgenico (AR). Il PSMA è strettamente legato alla via di segnalazione dell’AR, che rimane il driver biologico primario del carcinoma prostatico anche nelle fasi avanzate, suggerendo che strategie mirate a colpire simultaneamente il PSMA e l’AR siano biologicamente fondate.

Strategie terapeutiche dopo il fallimento della RLT con Lutezio

Per i pazienti che progrediscono nonostante il trattamento con ¹⁷⁷Lu-PSMA (un emettitore beta), l’utilizzo di radionuclidi con un meccanismo d’azione più potente rappresenta la frontiera successiva.

Radioisotopi come l’Attinio-225 (²²⁵Ac) emettono particelle alfa, che sono molto più potenti e distruttive delle particelle beta. La loro maggiore energia e il corto raggio d’azione le rendono capaci di superare alcuni meccanismi di radioresistenza e di indurre un danno al DNA a doppio filamento, più difficile da riparare per la cellula tumorale.

Trial come AcTFirst stanno formalmente valutando l’efficacia e la sicurezza di ²²⁵Ac-PSMA in pazienti in fase avanzata, inclusi quelli che hanno fallito la terapia con ¹⁷⁷Lu-PSMA, con l’obiettivo di offrire una nuova opzione terapeutica in un setting di malattia altrimenti privo di alternative efficaci.

L’esplorazione di nuovi radionuclidi è solo una parte dell’innovazione in corso; parallelamente, la ricerca si sta espandendo verso nuovi bersagli molecolari per ampliare ulteriormente l’arsenale teranostico.

La prossima frontiera: nuovi radionuclidi e bersagli molecolari

Il futuro della teranostica si sta muovendo rapidamente oltre la coppia consolidata di Lutezio-177 e PSMA, spinto da un enorme potenziale di innovazione. La ricerca è focalizzata sull’esplorazione di radionuclidi con proprietà fisiche superiori e sull’identificazione di nuovi bersagli molecolari, con l’obiettivo rivoluzionario di estendere questo approccio a un’ampia gamma di tumori solidi attraverso approvazioni “agnostiche“.

L’era degli alfa-emettitori e dei radionuclidi innovativi

Le particelle beta emesse dal Lutezio-177 hanno un raggio d’azione di circa 1 mm, efficace per tumori di dimensioni maggiori. Le particelle alfa emesse dall’Attinio-225, invece, hanno un raggio d’azione di pochi micrometri (la lunghezza di poche cellule) ma un trasferimento lineare di energia (LET) ordini di grandezza superiore. Questa alta potenza e il corto raggio le rendono ideali per eradicare le micrometastasi e superare la radioresistenza.

Il Terbio-161 (¹⁶¹Tb) è un radionuclide innovativo che combina più modalità di emissione. Emette particelle beta simili al Lutezio, ma anche una quantità significativa di elettroni Auger a corto raggio e raggi gamma per l’imaging. Gli elettroni Auger depositano un’elevata energia in un raggio inferiore a quello di una singola cellula, offrendo un potenziale terapeutico superiore, specialmente per le micrometastasi. Lo studio di fase I/II VIOLET ha già dimostrato la sicurezza e la promettente efficacia del ¹⁶¹Tb-PSMA.

Espansione verso nuovi target tumorali

La strategia teranostica può essere applicata a qualsiasi bersaglio molecolare espresso sulla superficie delle cellule tumorali. La ricerca si sta ora concentrando su target espressi in molti altri tipi di cancro.

È importante distinguere tra target che sono intrinsecamente legati alla proliferazione tumorale (target “driver”, come HER2) e quelli che sono semplicemente espressi sulla superficie cellulare senza guidare la crescita (target “passenger”, come PSMA e TROP-2). La teranostica può funzionare in entrambi i casi, ma colpire un “driver” potrebbe offrire un vantaggio biologico aggiuntivo.

L’identificazione di target come HER2, espresso non solo nel tumore della mammella ma anche in quello gastrico, del colon e altri, apre le porte a un’approvazione “agnostica“. Ciò significa che un farmaco teranostico potrebbe essere approvato per l’uso in qualsiasi tumore che esprima un determinato biomarcatore, indipendentemente dall’organo di origine.

L’imaging molecolare offre un vantaggio decisivo rispetto alla biopsia tissutale, al punto che la teranostica nel futuro potrà veramente sostituirsi alla procedura diagnostica bioptica. Mentre una biopsia campiona solo una piccola porzione di una singola lesione, soggetta a errori di campionamento, l’imaging PET teranostico fornisce una mappa dell’espressione del target in tutto il corpo, catturando l’eterogeneità tumorale e consentendo una selezione dei pazienti molto più accurata e completa.

    Queste innovazioni hanno il potenziale di trasformare radicalmente la pratica clinica, rendendo la teranostica un approccio personalizzato applicabile a una vasta popolazione di pazienti oncologici.

    Conclusioni e prospettive Future

    In conclusione, la terapia con radioligandi (RLT) ha completato una rapida evoluzione, passando da trattamento di ultima linea a opzione terapeutica di primaria importanza in quasi tutti gli stadi del carcinoma prostatico. Le evidenze accumulate dagli studi clinici ne supportano l’impiego in setting sempre più precoci, dalla malattia ormono-sensibile metastatica fino alla fase neoadiuvante, dimostrando non solo un’efficacia superiore ma anche un impatto positivo sulla qualità di vita dei pazienti. La teranostica non è più una promessa futura, ma una realtà clinica che sta ridefinendo gli algoritmi di trattamento.

    Le direzioni future che plasmeranno il prossimo decennio di ricerca e pratica clinica possono essere così riassunte:

    • l’importanza crescente delle terapie di combinazione: l’associazione della RLT con ARPI, inibitori di PARP, chemioterapia e altri radionuclidi sarà fondamentale per massimizzare l’efficacia, superare la resistenza e personalizzare ulteriormente il trattamento;
    • l’integrazione di strumenti di intelligenza artificiale (AI): l’AI è destinata a rivoluzionare il campo, automatizzando la quantificazione delle immagini secondo i criteri RECIP, sviluppando modelli predittivi per la risposta al trattamento e aiutando a selezionare i pazienti che beneficeranno maggiormente della terapia;
    • l’espansione a nuovi radionuclidi e target molecolari: l’introduzione di emettitori alfa (Attinio-225) e di isotopi innovativi (Terbio-161) aumenterà la potenza dell’arsenale terapeutico. L’identificazione di nuovi target (come HER2 e TROP-2) estenderà l’approccio teranostico oltre il carcinoma prostatico, aprendo la strada a indicazioni agnostiche;
    • l’evoluzione del ruolo del medico nucleare: il medico nucleare deve superare la “paura di sporcarsi le mani con i pazienti” e abbracciare pienamente un ruolo centrale e terapeutico nel team oncologico. La nostra professione sta evolvendo da una figura prevalentemente diagnostica a un clinico a tutti gli effetti, che tratta i pazienti, cura le persone e gestisce in prima persona gli effetti collaterali delle terapie, diventando un partner imprescindibile per l’oncologo.

    Sebbene ci siano ancora molte domande aperte riguardo alle sequenze ottimali, alla gestione della tossicità a lungo termine e ai meccanismi di resistenza, una cosa è certa: la teranostica è destinata a diventare un pilastro fondamentale e profondamente personalizzato nel trattamento del cancro.

    Fonti:

    Lascia un commento

    Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *