L’impiego dei radiofarmaci osteotropi nella valutazione e nel trattamento delle patologie ossee ha avuto origine con il 32P-Ortofosfato e il 45Ca, entrambi βemittenti puri. Tuttavia, negli anni Sessanta, con l’introduzione dello scanner lineare, si è iniziato a utilizzare radioisotopi dello stronzio (85Sr e 87mSr) sotto forma di cloruro, ma con limitazioni riguardo all’emissione di raggi γ.

Inoltre, si è proposto l’uso del 18F-Fluoruro, che si incorpora rapidamente nella matrice ossea grazie alla sua affinità con i cristalli di idrossiapatite di calcio, che costituiscono la componente minerale principale dell’osso. Tutti questi composti utilizzati nei primi studi scintigrafici condividono un meccanismo di accumulo nei cristalli di idrossiapatite.

Negli anni successivi, con l’ampio utilizzo del 99mTc e l’introduzione della gamma-camera di Anger in pratica clinica, la ricerca di nuovi radiofarmaci osteotropi ha portato allo sviluppo di complessi facilmente marcabili con il 99mTc. Il primo radiofarmaco commercializzato negli anni Settanta è stato il 99mTc-polifosfato, noto per la sua capacità di legarsi avidamente ai cristalli di idrossiapatite e concentrarsi selettivamente nei siti di attivo rimodellamento osseo, oltre a presentare buone caratteristiche di biodistribuzione.

In seguito, è stato introdotto il 99mTc-pirofosfato inorganico, con gruppi fosfato più brevi per evitare l’accumulo epatico e la formazione di particelle colloidali radioattive nel circolo ematico, eventi possibili con l’uso del 99mTc-polifosfato.

Schematizzazione tridimensionale dell’MDP.
Fonte: Fondamenti di medicina nucleare.

Ulteriori studi hanno portato allo sviluppo dei 99mTc-bisfosfonati (o difosfonati), composti simili al pirofosfato inorganico ma con una struttura resistente all’idrolisi delle fosfatasi e alle condizioni di acidità. Numerosi studi clinici hanno evidenziato le favorevoli caratteristiche, soprattutto una rapida clearance ematica che permette di ottenere immagini scintigrafiche ottimali già 2-3 ore dopo la somministrazione, rispetto alle 4-5 ore necessarie con il 99mTc-pirofosfato.

Il metilen-difosfonato (MDP) è attualmente il radiofarmaco di più ampio impiego per la scintigrafia ossea, rivoluzionando l’approccio alla valutazione delle patologie ossee.

I radiofarmaci a base di difosfonati organici sono attualmente i più ampiamente utilizzati per condurre la scintigrafia ossea, grazie alla loro comprovata efficacia, convenienza economica, bassa esposizione alle radiazioni e disponibilità agevole.

Questi farmaci si accumulano principalmente nei principali siti di ristrutturazione ossea tramite un processo di chimio-assorbimento sulla superficie dei cristalli di idrossiapatite idrata, che sono di recente formazione. Lo stagno, presente nei kit per la preparazione del radiofarmaco, e il tecnezio-99m (99mTc) subiscono un processo di idrolisi e si legano all’osso, separatamente o in combinazione, formando idrossido di stagno e diossido di tecnezio. C’è anche una possibile interazione del 99mTc-MDP con la matrice organica, che coinvolge vari enzimi, ma la portata di questo legame non è ancora ben compresa.

L’assorbimento del radiofarmaco osteotropo nelle aree di rinnovamento osseo e nelle lesioni con attivazione osteoblastica dipende non solo dall’entità di tale attivazione, ma anche dall’aumento del flusso sanguigno regionale.

Dopo l’iniezione endovenosa, il radiofarmaco si diffonde rapidamente nello spazio extracellulare, e l’assorbimento da parte del tessuto osseo inizia immediatamente. La quantità di attività ancora presente nel circolo sanguigno 30 minuti dopo l’iniezione è approssimativamente il 10% di quella iniziale, diminuendo gradualmente fino a raggiungere circa l’1% dopo circa 4 ore dalla somministrazione. L’eliminazione avviene principalmente attraverso i reni, con circa il 50-60% del radiofarmaco che viene escreto intatto nelle prime 6 ore dall’iniezione.

Di solito, la quantità di 99mTc-MDP somministrata varia tra 500 e 1100 MBq, con dosi più elevate per i pazienti obesi e dosi standard per i bambini, in base al loro peso corporeo, che non dovrebbe scendere al di sotto di 80 MBq.

Dopo la ricostituzione del kit liofilizzato con 2-8 mL di 99mTcO4, con un massimo di 15,4 GBq per flacone, è necessaria un’incubazione di 15 minuti a temperatura ambiente. Il radiofarmaco così preparato conserva la sua stabilità per un periodo di 8 ore.

Fonte: Fondamenti di medicina nucleare. Tecniche e applicazioni.

Di Raffo

Ciao a tutti, mi chiamo Raffaele Cocomazzi e sono il cofondatore di BMScience. Sono appassionato di Scienza, Medicina, Chimica e Tecnologia. Laureato in Medicina e Chirurgia presso l'Università degli studi di Foggia e attualmente specializzando in Medicina Nucleare presso l'Alma Mater Studiorum (Università di Bologna). Per contattarmi o maggiori informazioni seguimi sui vari social.