La sindrome di Bartter è una rara tubulopatia autosomica recessiva caratterizzata da un complesso di sintomi, tra cui alcalosi ipokaliemica, perdita di sali e ipotensione, concomitante a un’elevata escrezione di calcio nelle urine. Questa sindrome prende il nome dal suo scopritore, Frederic Crosby Bartter. Tuttavia, è importante distinguerla dalla sindrome di Schwartz-Bartter, una condizione diversa legata all’ormone antidiuretico o ai suoi recettori.

Se la sindrome di Bartter non viene diagnosticata e trattata in modo tempestivo, essa può avere un impatto significativo sullo sviluppo, la crescita e la qualità della vita del paziente. Nei casi più gravi, inoltre, si osserva una significativa riduzione dell’aspettativa di vita.

Classificazione

Questa sindrome può essere classificata in:

  • Tipo I: Questa forma si manifesta generalmente nella prima infanzia, coinvolgendo spesso prematuri nati da madri con polidramnios. I pazienti sviluppano una grave disidratazione nei primi mesi di vita. La causa di questa variante è una mutazione nel gene SLC12A1, situato sul cromosoma 15q15-21, che codifica per il cotrasportatore Na+/K+/2Cl (NKCC2) nell’ansa di Henle. Questa mutazione porta a una ridotta riassunzione di sodio e cloro con conseguente ipovolemia e ipercalciuria. L’alcalosi ipokaliemica è causata da un’attivazione del sistema renina-angiotensina-aldosterone.
  • Tipo II: Questo tipo non presenta differenze fenotipiche significative rispetto al Tipo I. La mutazione coinvolge il gene KCNJ1, situato sul cromosoma 11q21-25, che codifica per il canale ROMK, un canale potassico dipendente dall’ATP presente nell’epitelio apicale renale. Questo canale è essenziale per il reintegro del potassio eliminato dallo scambiatore sodio-potassio-cloro.
  • Tipo III: La Sindrome di Bartter classica è fenotipicamente diversa dalle prime due forme. Non si verifica nefrocalcinosi, ma circa il 30% dei pazienti presenta ipomagnesemia. La causa di questa variante è la mutazione del gene CLCNKB, situato su 1p36, che codifica per canali del cloro basolaterali.
  • Tipi IV e V: Nel Tipo IV, è coinvolto il gene BSND situato su 1p31, che codifica per la barttina, una sottounità del canale del cloro. Nella variante V, trasmessa come carattere autosomico dominante, vi sono mutazioni eterozigoti del gene CASR, situato su 3q13.3-q21, che codifica per un recettore del calcio.
  • Pseudosindrome di Bartter: Questa condizione è caratterizzata dall’abuso di lassativi e diuretici (come furosemide) ed è spesso riscontrata in giovani donne che lavorano nell’ambito sanitario. I sintomi somigliano a quelli della sindrome di Bartter, ma la causa è differente. Il trattamento consiste in assistenza psicologica e nell’identificazione del farmaco responsabile.
  • Sindrome di Gitelman: Questa variante, chiamata così in onore di Hillel Gitelman, è caratterizzata da ipocalciuria. La causa è una mutazione nel gene SLC12A3, trasmessa in modo autosomico recessivo, situato su 16q13, che codifica per un cotrasportatore sodio-cloro nel tubulo distale del nefrone.

Diagnosi

La sindrome di Bartter viene diagnosticata valutando il quadro clinico del paziente e mediante esami specifici del sangue e delle urine. Questi esami mirano a rilevare la presenza e la concentrazione di elettroliti come sodio, potassio, cloruro, magnesio, bicarbonato e calcio, oltre a determinate sostanze come renina e aldosterone nel plasma e/o nelle urine.
Tuttavia, per una diagnosi definitiva, è necessario eseguire appositi test genetici.

È importante anche considerare diagnosi alternative, come la pseudo-sindrome di Bartter, la sindrome di Gitelman, la fibrosi cistica e la malattia celiaca.

Nel caso in cui esista un rischio concreto, ad esempio, se ci sono antecedenti familiari di malattia o se i genitori sono portatori sani o affetti dalla sindrome, è anche possibile effettuare una diagnosi prenatale per il neonato.

Trattamento

Purtroppo, la sindrome di Bartter è causata da mutazioni genetiche e al momento non esistono cure definitive per eliminarla completamente. Le terapie attualmente disponibili sono principalmente sintomatiche e mirano a ripristinare, nella misura del possibile, i normali livelli di sali minerali che il rene non riesce a riassorbire efficacemente. Per essere più specifici, il trattamento farmacologico comprende:

  • Integratori di sali minerali: Questi integratori, in particolare il potassio, vengono somministrati per compensare la mancata riassunzione di tali sali.
  • Farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS): Ad esempio, l’indometacina viene utilizzata per ridurre i livelli elevati di prostaglandina E2, contribuendo a migliorare la gestione dei sintomi.
  • Diuretici risparmiatori di potassio: Questi farmaci sono prescritti per ridurre l’escrezione di potassio nelle urine.

Nei casi più gravi o in situazioni di stress, come l’insorgenza di altre malattie o interventi chirurgici, può essere necessario somministrare sali minerali, inclusi il potassio, per via endovenosa. Tuttavia, questo tipo di intervento deve essere eseguito da personale medico specializzato.

È importante sottolineare che il trattamento della sindrome di Bartter è principalmente finalizzato a gestire i sintomi e a migliorare la qualità di vita del paziente, poiché al momento non esiste una cura definitiva che possa risolvere completamente la condizione.

Fonti: WikipediaMypersonaltrainer

Di Raffo

Ciao a tutti, mi chiamo Raffaele Cocomazzi e sono il cofondatore di BMScience. Sono appassionato di Scienza, Medicina, Chimica e Tecnologia. Laureato in Medicina e Chirurgia presso l'Università degli studi di Foggia e attualmente specializzando in Medicina Nucleare presso l'Alma Mater Studiorum (Università di Bologna). Per contattarmi o maggiori informazioni seguimi sui vari social.