Il piede di Charcot, noto anche come artropatia neuropatica di Charcot o semplicemente Charcot foot, è una grave complicanza del diabete mellito e di altre condizioni che causano neuropatia periferica. Deve il suo nome al medico francese Jean-Martin Charcot, che per primo descrisse questa condizione nel 1868.

Colpisce principalmente persone con un’età compresa tra i 50 e i 60 anni, con una prevalenza stimata tra lo 0,08% e il 13% tra le persone con diabete. Tuttavia, la reale prevalenza potrebbe essere ancora maggiore a causa di diagnosi errate o tardive.

Fonte: Fondoscience

La neuropatia periferica è una condizione degenerativa in cui i nervi delle estremità (come le mani e i piedi) diventano danneggiati e non funzionano correttamente. Nel caso del piede di Charcot, la perdita di sensibilità (anestesia) e la mancanza di controllo motorio a causa della neuropatia rendono il piede vulnerabile a lesioni e traumi con progressivo riassorbimento osseo delle articolazioni del piede.

La progressione del piede di Charcot avviene in diverse fasi:

  1. Fase di edema: Il piede diventa caldo, gonfio e arrossato a causa di microfratture e lesioni alle ossa e alle articolazioni, ma la persona potrebbe non accorgersene a causa della neuropatia.
  2. Fase di crollo: Il piede inizia a cambiare forma poiché le ossa colpite si deformano e cedono sotto il peso del corpo.
  3. Fase di consolidamento: Durante questa fase, il piede inizia a guarire e le ossa si consolidano in una posizione deformata.
  4. Fase di guarigione: In questa fase, le ossa si consolidano ulteriormente, ma la deformità persiste.

Patogenesi

La patogenesi è legata a qualsiasi condizione da cui derivi la diminuzione della sensibilità periferica dolorifica, propriocettiva e del fine controllo motorio:

  • Neuropatia diabetica, con articolazione di Charcot in 1/600-700 diabetici. In relazione allo scarso controllo cronico glicemico.
  • Neuropatia alcolica.
  • Paralisi cerebrale.
  • Lebbra.
  • Sifilide (tabe dorsale), causata dal Treponema pallidum.
  • Lesioni del midollo spinale.
  • Mielomeningocele.
  • Siringomielia.
  • Iniezioni intra-articolari di steroidi.
  • Insensibilità congenita al dolore.

Sempre da un punto di vista eziopatogenetico sono state proposte due teorie:

  • Neurotrauma: la perdita della sensibilità periferica dolorifica e propriocettiva porta a ripetuti microtraumi dell’articolazione. Il danno, passando inosservato da parte del paziente neuropatico, progredisce, e il conseguente riassorbimento infiammatorio dell’osso traumatizzato rende tale regione ancora più debole e suscettibile di ulteriori traumi. Si crea così un circolo vizioso. Inoltre, una diminuzione del fine controllo motorio genera posture che esercitano pressioni innaturali sulle articolazioni, a cui conseguono microtraumatismi supplementari.
  • Neurovascolare: l’alterazione dei riflessi del sistema nervoso autonomo fa sì che l’articolazione desensibilizzata riceva un flusso di sangue significativamente maggiore. L’iperemia conseguente porta ad un aumento del riassorbimento osseo mediato dagli osteoclasti, e questo, insieme alle sollecitazioni meccaniche, porta alla distruzione ossea.

In realtà, entrambi questi meccanismi hanno probabilmente un ruolo nello sviluppo della condizione.

Diagnosi

La diagnosi accurata del Piede di Charcot richiede un’attenta valutazione clinica e radiografica, oltre a un’anamnesi dettagliata, al fine di escludere altre possibili diagnosi differenziali come artrite settica, cellulite, gotta, osteomielite e trombosi venosa profonda.

All’esame obiettivo, il Piede di Charcot si presenta con gonfiore, calore, arrossamento ed eritema, talvolta estendendosi fino alla caviglia. Solitamente, un solo piede viene colpito, ma può essere anche bilaterale, e spesso si osserva una storia di microtraumi ripetuti.
Nonostante la condizione, i pazienti riportano un dolore che è generalmente meno intenso di quanto ci si aspetterebbe, proprio a causa dell’alterata percezione sensoriale causata dalla neuropatia.
Sebbene i pazienti riferiscano dolore, la principale indicazione è data dai segni di infiammazione locale che sottendono il danneggiamento delle ossa e delle articolazioni. Pertanto, ogni qualvolta un paziente diabetico si presenta con un piede gonfio, è essenziale sospettare una neuroartropatia di Charcot.

Gli studi di imaging rappresentano un’importante risorsa per la formulazione e la conferma della diagnosi. Tuttavia, è importante notare che il solo esame radiografico potrebbe non essere sufficiente per evidenziare segni di fratture o lesioni, rendendo necessario l’uso di tecniche più avanzate come la Tomografia Computerizzata (TAC) o la Risonanza Magnetica (RMN).
Per confermare la diagnosi, potrebbe essere necessario ripetere gli esami radiologici a distanza di 2-3 settimane dall’insorgenza dei sintomi. Questo approccio mira a individuare i segni osteoarticolari tipici della patologia.

La diagnosi del Piede di Charcot non dispone di marcatori specifici, ma può avvalersi di indici di flogosi comuni, come leucocitosi e un elevato valore di proteina C reattiva.

Una diagnosi tardiva può comportare gravi complicazioni, tra cui deformità strutturali debilitanti del piede, che, insieme alla neuropatia sensitivo-motoria caratteristica di questa condizione, aumentano significativamente il rischio di ulcere, infezione e possono richiedere persino l’amputazione.

Pertanto, un riconoscimento tempestivo della neuroartropatia di Charcot è fondamentale per avviare un trattamento appropriato e prevenire lo sviluppo di gravi conseguenze. La consapevolezza di questa condizione e una diagnosi precoce possono aiutare a migliorare la qualità di vita dei pazienti e a preservare la loro mobilità e indipendenza.

Trattamento

Il trattamento del piede di Charcot è multidisciplinare e mira al raggiungimento e il mantenimento della stabilità strutturale del piede e della caviglia, al fine di prevenire fratture e ulcerazioni e preservare la forma del piede plantigrado.

Nella fase acuta, il trattamento prevede l’immobilizzazione del piede con uno stivaletto rigido in gesso per almeno 90 giorni. L’arto deve essere mantenuto scaricato fino a quando i sintomi di rossore, calore e gonfiore non diminuiscono. Successivamente, il paziente può indossare ortesi specifiche che permettono una limitata mobilità.

È di fondamentale importanza evitare qualsiasi carico di peso sul piede durante questa fase e l’obiettivo principale della terapia è mantenere una corretta stabilità dell’appoggio del piede e prevenire infezioni ed ulcerazioni, e trattarle se già presenti.

Rispetto al trattamento con bifosfonati, vi sono ancora dubbi e mancanza di evidenze chiare a supporto, mentre la chirurgia è riservata solo ai casi con gravi deformità al piede e alla caviglia, che sono maggiormente soggetti ad ulcerazioni.

L’educazione terapeutica di questi pazienti è di fondamentale importanza, soprattutto perché le persone con neuropatia diabetica presentano una diminuita e alterata sensibilità al dolore (nocicezione).

Prevenire il piede di Charcot è particolarmente importante per le persone con diabete o altre condizioni che possono causare neuropatia. Il controllo rigoroso della glicemia e una buona cura dei piedi, inclusa l’ispezione regolare per rilevare eventuali segni precoci di lesioni o ulcere, possono aiutare a ridurre il rischio di sviluppare questa complicanza.

Fonti: WikipediaNurse24.it

Di Raffo

Ciao a tutti, mi chiamo Raffaele Cocomazzi e sono il cofondatore di BMScience. Sono appassionato di Scienza, Medicina, Chimica e Tecnologia. Laureato in Medicina e Chirurgia presso l'Università degli studi di Foggia e attualmente specializzando in Medicina Nucleare presso l'Alma Mater Studiorum (Università di Bologna). Per contattarmi o maggiori informazioni seguimi sui vari social.