La diagnosi prenatale si basa su una serie di indagini strumentali e di laboratorio che consentono di monitorare la gravidanza dal concepimento al momento del parto, fornendo informazioni sullo stato di salute del feto, con l’obiettivo di valutare la presenza di patologie genetiche e non genetiche prima della nascita, specialmente nelle coppie a rischio, in modo da consentire di scegliere se ricorrere all’interruzione volontaria della gravidanza (IVG), praticabile entro la 24a settimana di gestazione secondo la Legge 194.

La diagnosi prenatale si avvale di indagini non invasive e invasive:

  • indagini non invasive: ecografia e indagini di laboratorio o screening biochimici.
  • indagini invasive: villocentesi, amniocentesi, cordocentesi, fetoscopia.

Indagini non invasive

L’ecografia (ultrasuoni) è di fondamentale importanza per il monitoraggio della gravidanza, essendo un’indagine non invasiva, ripetibile, non costosa, ad alta risoluzione.
In genere, è sufficiente una ecografia al I, II e III trimestre di gravidanza ed eventualmente una ecografia morfologica alla 20a settimana di amenorrea, utili per avere varie informazioni, cioè:

  • sviluppo e localizzazione della placenta, volume del liquido amniotico, sesso del feto (16a settimana), battito cardiaco fetale, sviluppo del feto, gravidanza gemellare.
  • valutare la presenza di malformazioni fetali:
    • malformazioni del SNC: difetti del tubo neurale, cioè anencefalia, spina bifida, encefalocele, oppure microcefalia, idrocefalo…
    • malformazioni cardiache: difetti del setto…
    • malformazioni dell’apparato digerente: difetti della parete addominale, atresia duodenale, ernia diaframmatica…
    • malformazioni dell’apparato urogenitale: agenesia renale, rene policistico tipo infantile, idronefrosi..
    • malformazioni scheletriche: polidattilia o altre malformazioni più gravi.

Tra le indagini di laboratorio o screening biochimici vi è il triplo-test o tri-test effettuato intorno alla 16a settimana di gestazione con dosaggio della gonadotropina corionica umana (HCG), alfa fetoproteina (α-FP) ed estriolo non coniugato (μE3) per valutare il rischio di sindrome di Down. Il test è positivo in caso di > HCG, < α-FP e < estriolo non coniugato, eventualmente associati ad alcuni fattori di rischio, come l’età materna ≥ 35 anni, ispessimento della cute da accumulo di tessuto adiposo a livello della nuca del feto visibile all’ecografia con tecnica della translucenza nucale, che sono indice di sindrome di Down in circa il 70% dei casi, ma nel 5-10% dei casi si tratta di falsi positivi: la diagnosi di certezza avviene solo mediante l’amniocentesi con analisi del cariotipo.
Il dosaggio del PAPP-A (Pregnancy Associated Plasma Protein-A) associato al triplo-test e alla translucenza nucale consente di ridurre i falsi positivi.

Indagini invasive

Le indagini invasive sono importanti per la diagnosi di certezza delle anomalie cromosomiche fetali, metaboliche e infettive (TORCH), ma possono essere eseguite solo dopo consenso informato.

La diagnosi prenatale con metodi invasivi è indicata in caso di:

  • età materna avanzata ≥ 35 anni: il rischio di aneuploidie (trisomie) > progressivamente con l’età.
  • anamnesi positiva per aborti spontanei ripetuti o nascita di figli affetti per valutare il rischio riproduttivo.
  • anomalie all’ecografia: malformazioni fetali, deficit dello sviluppo fetale, anomalie del volume del liquido amniotico (polidramnios, oligodramnios), nel 20% dei casi sono indice di patologia cromosomica, per cui è necessario il monitoraggio del cariotipo fetale.
  • screening biochimico positivo in gravidanza: in particolare triplo-test positivo.
  • genitori eterozigoti portatori di anomalie cromosomiche bilanciate per valutare il rischio di nascita di figli affetti.
  • anamnesi familiare positiva per patologia cromosomica: in genere la diagnosi prenatale non è indicata se uno dei genitori ha nella propria famiglia un parente affetto da una malattia genetica, ma la coppia può richiedere la consulenza genetica per valutare il rischio di ricorrenza e in caso di esito negativo, in assenza di altri fattori di rischio, non si ricorre all’amniocentesi.
    In caso di anamnesi familiare positiva per difetti del tubo neurale si ricorre al monitoraggio ecografico e dosaggio dell’α-FP sul siero materno eventualmente associato al dosaggio sul liquido amniotico: questo protocollo è efficace nella diagnosi dei difetti del tubo neurale di tipo aperto, mentre quelli di tipo chiuso, come la spina bifida occulta, possono sfuggire alla diagnosi, anche alle tecniche più sofisticate. L’assunzione di acido folico a basse dosi ha un effetto protettivo sui difetti del tubo neurale, per cui può essere assunto da tutte le donne in gravidanza e in particolare da quelle a rischio.
  • malattie mendeliane: le tecniche di biologia molecolare consentono di diagnosticare oltre 1.000 malattie mendeliane, valutando in maniera accurata il gene-malattia, nel genitore affetto o eterozigote portatore sano. I soggetti a rischio devono essere studiati in maniera accurata prima di iniziare la gravidanza. Durante la gravidanza il tessuto di elezione per le analisi del DNA è il trofoblasto prelevato con villocentesi, consentendo di ottenere risultati accurati e in tempi brevi.

La villocentesi viene eseguita tra la 10-11a settimana di amenorrea, al I trimestre di gravidanza, introducendo un ago sottile, sotto guida ecografica, per via transaddominale in caso di placenta inserita a livello del fondo uterino o per via transcervicale in caso di placenta inserita più in basso, eseguendo il prelievo di 20-30 mg di villi coriali (trofoblasti), evitando di penetrare in cavità uterina e di contaminarla con le cellule materne.
I villi coriali sono costituiti da 2 popolazioni cellulari di diversa origine, cioè le cellule del citotrofoblasto e le cellule mesenchimali del trofoblasto, utili per 2 tipi di studi:

  • esame citogenetico diretto delle cellule del citotrofoblasto con analisi del cariotipo per la diagnosi di malattie genetiche, in particolare diagnosi molecolare precoce delle malattie mendeliane.
  • esame colturale delle cellule mesenchimali del trofoblasto per la diagnosi precoce di malattie metaboliche.

La villocentesi ha il vantaggio di fornire materiale biologico in quantità adeguate alle analisi citogenetiche, biochimiche e molecolari importante per la diagnosi precoce al I trimestre di gravidanza con possibilità di ricorrere all’interruzione volontaria della gravidanza.
Il rischio di aborto da invasività della tecnica è pari al 3%, mentre nel 2% dei casi si hanno falsi positivi.

L’amniocentesi viene eseguita tra la 15a e 18a settimana di amenorrea, al II trimestre gravidanza, introducendo un ago sottile nella cavità amniotica, sotto guida ecografica, per via transaddominale, 6-8 cm al di sopra del pube, prelevando 10-20 ml di liquido amniotico, evitando di lesionare la placenta. Il rischio di aborto legato all’invasività della tecnica è pari a 0,5-1%.
Il liquido amniotico viene sottoposto a centrifugazione in modo da separare la parte non corpuscolata dalla parte corpuscolata:

  • la parte non corpuscolata è priva di cellule e ricca di proteine, viene utilizzata per il dosaggio dell’α-fetoproteina e altri marcatori biochimici. L’αFP > in caso di difetti di chiusura del tubo neurale, come la spina bifida, anencefalia, labio-palatoschisi, gastroschisi, e in caso di infezioni.
  • la parte corpuscolata è formata dagli amniociti che derivano dalla membrana amniotica, cute, mucose, apparato renale e gastrointestinale del feto. La maggior parte degli amniociti non è vitale, mentre quelli vitali vengono coltivati e nel giro di 10-20 giorni si ottiene una popolazione cellulare in crescita sufficiente per l’analisi del cariotipo, analisi biochimiche o molecolari, diagnosi di malattie metaboliche o altre patologie.

La cordocentesi o funicolocentesi può essere eseguita tra la 18a e 40a settimana di gestazione, introducendo un ago sottile per via transaddominale, sotto guida ecografica, prelevando il sangue fetale dai vasi ombelicali a 1 cm dall’inserzione della placenta o a livello del giro libero del funicolo. La funicolocentesi ha un rischio di aborto del 2%.
Il sangue fetale può essere usato per l’analisi del cariotipo studiando i linfociti fetali, soprattutto come diagnosi di conferma dei risultati dell’amniocentesi, mentre nel III trimestre di gravidanza l’emogasanalisi è utile per la diagnosi di sofferenza fetale acuta da ipossia. Inoltre, la funicolocentesi consente di eseguire direttamente delle terapie fetali come l’infusione intravasale di farmaci, trasfusioni fetali, aborto selettivo di un feto malato in caso di gravidanza gemellare.

La fetoscopia può essere eseguita verso la 18a settimana di amenorrea e consiste nella visualizzazione diretta del feto mediante un endoscopio a fibre ottiche e nell’eventuale prelievo di tessuti da analizzare, come la cute e il tessuto epatico.
È necessaria l’anestesia generale della gestante, mentre lo strumento viene inserito attraverso una piccola incisione nella cavità amniotica, ma è una tecnica ad alto rischio di aborto pari al 5-15%, per cui non è più utilizzata.

Fonte: Genetica umana e medica.

Di Raffo

Ciao a tutti, mi chiamo Raffaele Cocomazzi e sono il cofondatore di BMScience. Sono appassionato di Scienza, Medicina, Chimica e Tecnologia. Laureato in Medicina e Chirurgia presso l'Università degli studi di Foggia e attualmente specializzando in Medicina Nucleare presso l'Alma Mater Studiorum (Università di Bologna). Per contattarmi o maggiori informazioni seguimi sui vari social.